Hanno superato quota 550mila le imprese gestite da immigrati. Sono quasi un decimo di quelle iscritte nei registri delle Camere di Commercio.
“Il dinamismo imprenditoriale italiano ha contagiato anche gli immigrati. Non può che far piacere a noi della CNA, che seguiamo da anni con attenzione questo fenomeno. I dati del rapporto Idos, al quale collaboriamo da tempo, dimostrano che la spinta degli immigrati all’avvio di nuove attività è cresciuta anche nel 2015, incessantemente, perfino in settori maturi, dai quali gli imprenditori autoctoni si allontanano. Un segnale positivo, in termini di emersione dal sommerso, promozione socio-economica, integrazione. Il lavoro autonomo è, infatti, una delle migliori forme d’integrazione e per questo va favorito, puntando su una estrema semplificazione che deve riguardare però tutte le imprese italiane, quale che sia il luogo di nascita del titolare”. Lo ha dichiarato il presidente della CNA, Daniele Vaccarino, commentando le anticipazioni del Rapporto Immigrazione e Imprenditoria, curato dal Centro studi e ricerche Idos con il sostegno della CNA, di MoneyGram e di altre strutture professionali, in uscita in autunno.
Dal Rapporto emerge che, per la prima volta dopo quattro anni, nel 2015 il numero delle imprese in Italia ha smesso di calare, anche grazie al dinamico apporto dell’imprenditoria immigrata. Le imprese condotte da lavoratori nati all’estero sono ormai oltre 550mila, quasi un decimo di quelle registrate negli elenchi delle Camere di commercio: il 9,1 % contro il 7,4 % del 2011. Commercio e costruzioni si confermano i comparti prevalenti, ma l’edilizia cede il passo ai più elevati ritmi di incremento segnati dalle attività di alloggio e di ristorazione e da quelle dei servizi alle imprese. Marocco, Cina e Romania sono i Paesi dai quali proviene il maggior numero di responsabili di imprese individuali, ma è il Bangladesh a distinguersi per l’incremento più sostenuto. Lombardia e Lazio, e al loro interno Milano e Roma, rimangono le aree dove sono maggiormente diffuse le attività. “Siamo di fronte a un folto gruppo imprenditoriale che, se adeguatamente sostenuto, può funzionare come un perno su cui innestare promettenti azioni di co-sviluppo”, è la riflessione del presidente di Idos, Ugo Melchionda.
Massimo Canovi, Vice Presidente di MoneyGram per il Sud Europa, ricorda che “anche le esperienze meno strutturate possono innescare percorsi fruttuosi di crescita e di successo, come testimoniato dai numerosi imprenditori immigrati finalisti al MoneyGram Award, che si sono distinti per aver raggiunto risultati prestigiosi sul piano dell’innovazione e del profitto, ma anche dell’occupazione e della responsabilità sociale”.
Sintesi delle anticipazioni del Rapporto IDOS 2016
- Si conferma la netta tendenza alla crescita delle imprese a gestione immigrata fotografata negli ultimi anni dai dati di fonte Unioncamere/Infocamere. Dopo l’incremento di quasi 71mila unità del triennio 2011-2014 (+15,6%), anche il 2015 si è chiuso in positivo (+26mila, +5%), per un aumento complessivo che sfiora le 100mila unità (+21,3%).
- Con oltre 20mila imprese in più in un anno (+6,5% sul 2014) e un aumento di oltre 77mila dal 2011 (+30,3%), il settore dei servizi conferma il proprio ruolo di traino, coprendo l’80% della crescita complessiva (e il 60,4% di tutte le imprese registrate alla fine dell’anno). Al suo interno, sono il commercio (+12mila sul 2014, +6,6%), le attività di alloggio e ristorazione (+3mila, +7,1%) e il comparto noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese (+2.500, +9,3%) – che si distingue anche per il maggiore incremento in termini relativi – ad evidenziarsi per gli aumenti più rilevanti. Più problematico l’andamento dell’industria (meno di 3mila unità in più, +1,5%), e dell’edilizia in particolare, che mantiene un trend appena positivo (+1.000, +1%).
- Resta forte la spinta degli immigrati all’avvio di nuove attività: cresce, di anno in anno, il numero delle nuove imprese iscritte nei registri camerali (68mila nel 2015, +1,4% sul 2014 e +5% rispetto allo stesso dato del 2011), pari a quasi un quinto di tutte le iscrizioni registrate nell’anno (18,3%). Si attesta all’11,6%, invece, l’impatto delle aziende degli immigrati sulle cancellazioni, quasi lo stesso numero del 2014 (+0,3%)[1]. Come a dire che, pur a fronte di un significativo turn over, segno delle persistenti difficoltà, i lavoratori immigrati continuano a distinguersi per un marcato dinamismo, incidendo così in modo rilevante sul saldo positivo tra tutte le imprese iscritte e cancellate dai registri camerali nel corso dell’anno, il migliore dal 2011.
- Il commercio (36,4%) consolida il proprio primato e, insieme all’edilizia (23,4%), che pure sconta le maggiori difficoltà degli anni più recenti, raccoglie 6 imprese ogni 10. Sono le attività di noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese, invece, a distinguersi per la più elevata incidenza delle imprese condotte da immigrati sul totale: 1 ogni 6 (16,1%). Lo stesso rapporto è di oltre 1 ogni 7 nell’edilizia (15,1%) e di oltre 1 ogni 8 nel commercio (12,9%), mentre resta ridotto l’impatto sulle start-up innovative (2,1%).
In un terzo dei casi si tratta di imprese artigiane (180mila, 32,7%), un valore più che raddoppiato nella manifattura (68,4%) e che supera i quattro quinti del totale nelle costruzioni (83,2%).
- Lombardia (19,1%) e Lazio (12,8%), e al loro interno le aree di Roma (10,9%) e Milano (8,9%), principali poli di insediamento della popolazione straniera in Italia, restano in cima alla graduatoria territoriale, raccogliendo nell’insieme quasi un terzo di tutte le imprese condotte da immigrati registrate nel Paese (31,9%). Sono Toscana (12,6%) e Liguria (11,8%), invece, a distinguersi per il più elevato impatto di queste attività sul totale e, a livello provinciale, Prato (26,2%) e Trieste (15,3%). Nell’insieme, in oltre i tre quarti dei casi si tratta di imprese con sede nel Centro-Nord (77,3%).
- Guardando ai dati sui responsabili di imprese individuali, si conferma il protagonismo di marocchini (14,9%), cinesi (11,1%) e romeni (10,8%), i primi tradizionalmente concentrati nel commercio (73,3%), i secondi distribuiti soprattutto tra commercio (39,9%), manifattura (34,9%) e attività di alloggio e ristorazione (12,9%), gli ultimi dediti per quasi i due terzi all’edilizia (64,4%). Sono i bangladesi, però, aumentati di quasi 3 volte dal 2001 (+280,2%), a far registrare la crescita più sostenuta anche in quest’ultimo anno (+10%).
[1] Dati al netto delle cessazioni d’ufficio.