Dovrebbero prendere esempio dalle istituzioni, e invece le imprese, alle istituzioni, danno l’esempio, adottando codici di comportamento e condividendo, con i propri dipendenti, politiche anti-corruzione e anti-collusione. È di stretta attualità il focus scelto dalla CNA di Roma per la consueta “Indagine congiunturale sulle piccole imprese di Roma e Lazio- Consuntivo II semestre 2014 e Aspettative I semestre 2015” condotta in collaborazione con il CER su un campione di 500 imprese della regione. Un appuntamento semestrale, occasione per fare il punto sullo stato di salute dell’economia del territorio e per approfondire i temi di maggiore interesse delle imprese nel consueto focus. “Corruzione, Pubbliche Amministrazioni e imprese” il titolo scelto, ancor prima che scoppiassero gli ultimi casi di cronaca.

Secondo la percezione raccolta nell’indagine, per 4 imprese di piccole e medie dimensioni su 10 l’illegalità serpeggia nelle pubbliche amministrazioni, e non risparmia tante aziende di grandi dimensioni. Tutt’altro che rassegnati, gli imprenditori (uno su quattro) si sono dotati di un codice di condotta o hanno adottato politiche anti-corruzione e anti-collusione.

Qual è l’ingranaggio più vulnerabile? Gli appalti pubblici: un quarto delle pmi dice di aver partecipato almeno una volta a una gara in Italia. Direttamente, come impresa subappaltatrice o in doppia veste. Quattro su dieci di questo campione, dicono di aver percepito nei propri concorrenti comportamenti e azioni per influenzare impropriamente la procedura di affidamento.

Cosa fare? La ricetta suggerita dalle imprese alle istituzioni è semplice: un quadro normativo più chiaro, aumento dei controlli e pene più severe.

Quanto alla fotografia dell’economia del territorio, dall’indagine del CER emerge una situazione di maggiore sofferenza per gli artigiani, sia per il consuntivo che per le previsioni. Meglio è andata per le imprese condotte da under 40 e da titolare donna.

Struttura aziendale e forma giuridica, oltre che dimensione aziendale sono stati, e saranno, ancora una volta determinanti: le società di capitali e quelle che hanno più dipendenti continuano infatti a reagire meglio alla crisi.

Forse per i venti favorevoli che arrivano a livello internazionale (quantitative easing, prezzo delle materie prime in caduta libera, export favorevole) le pmi sono tornate timidamente a investire (la propensione è passata al 22,8%, dal precedente 20,2%). Forse anche in questa chiave si spiega, rispetto alla prima metà del 2014, una decisa diminuzione dell’incertezza (dal 31% al 16,2%).

Quanto al credito, nel II semestre del 2014 si è allentata la stretta: il 48,8% di chi ha richiesto finanziamenti li ha ottenuti (erano 46,9% nel I semestre del 2014). Anche se si resta ancora lontani da una situazione di normalità.

A pagare ancora un pesante prezzo alla crisi sono le costruzioni: le previsioni per il 2015 sono negative. Per la ripresa del settore si dovrà attendere il biennio 2016-2017. A trainare l’economia nei prossimi tre anni saranno i servizi che metteranno a segno, seppur timidi, tassi di crescita (nell’ordine dell’1%).

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