Fitosanitari, l’Italia lavora verso il minor impatto

Normativa nazionale

Da diversi anni la produzione legislativa europea tende a preferire il meccanismo del regolamento – direttamente applicabile – a quello della direttiva – che deve essere recepita – con lo scopo ufficiale di una migliore armonizzazione nell’applicazione delle norme in tutti i 28 paesi membri.

Se ne è discusso lo scorso 5 aprile in un workshop tenutosi all’Università Cattolica di Piacenza dove, sotto la moderazione del professor Marco Trevisan della Cattolica, autorevoli rappresentanti del ministero della Salute, esperti coinvolti nella valutazione dei prodotti fitosanitari e rappresentanti del mondo dei produttori di agrofarmaci hanno discusso di questo argomento davanti a un pubblico di circa 200 addetti ai lavori.
 

Semplificare, semplificare, semplificare

Pasquale Cavallaro, del ministero della Salute, ha esposto il panorama normativo entro il quale è nata la procedura italiana per la valutazione comparativa, che dovrà essere attuata prima di rilasciare o rinnovare un’autorizzazione (comprese le estensioni d’impiego e i mutui riconoscimenti) di prodotti fitosanitari contenenti una o più delle 88 sostanze attive “candidate alla sostituzione”, lista destinata ovviamente ad aumentare. Per approfondimenti su questa definizione potete leggervi la presentazione .

 
Dopo aver ribadito che i candidati alla sostituzione sono principi attivi perfettamente sicuri per l’uomo e l’ambiente e che sono stati approvati in un sistema tra i più restrittivi al mondo, e che l’unica loro colpa è non essere in linea con i desiderata a lungo termine Ue, il relatore ha delineato gli approcci che hanno esaminato prima di scegliere come l’Italia effettuerà questo esercizio.

Il primo approccio analizzato, al quale si può definire con terminologia hacker “brute-force”, consisteva nel confrontare tutte le combinazioni coltura/avversità/aspetto indesiderato sulla base del rischio minore. Questo approccio basato sulla forza bruta, nelle condizioni del sud Europa, con decine di colture e avversità in etichetta, avrebbe richiesto risorse improponibili (nella presentazione si arriva a 2880 combinazioni per un prodotto dotato di etichetta media).
Il secondo approccio analizzato aggiungeva al precedente l’analisi economica, triplicando le possibili combinazioni (8640).
Per le autorità è stato quindi naturale scegliere il terzo approccio, che analizza prima le deroghe che possono interrompere il processo (es: quando un prodotto è nuovo è possibile posticipare di 5 anni la valutazione comparativa per verificare le implicazioni socio/economiche, quando un prodotto ha in etichetta colture e/o usi minori la valutazione si interrompe) ed effettuare la valutazione comparativa solo in quei casi in cui non è possibile applicare nessuna deroga. L’approccio selezionato ha quindi sostituito la forza bruta con il buon senso.
 

 

Aldo Ferrero dell’Università di Torino ha esposto il processo decisionale che d’ora in poi verrà utilizzato in Italia. Lasciando i dettagli alla presentazione, il diagramma di flusso prevede ben sette possibili passaggi prima di procedere alla comparazione basata sulle caratteristiche indesiderate. In ciascuno di questi step la valutazione comparativa si può interrompere:

  1. Deroga per prodotto di recente introduzione;
  2. Presenza di usi minori;
  3. Livello di controllo richiesto per ciascun uso;
  4. Verifica alternative chimiche e non chimiche sulla base delle caratteristiche tecniche e degli svantaggi economici;
  5. Gestione delle resistenze (necessità di mantenere almeno 4 meccanismi d’azione diversi per ciascuna combinazione coltura/avversità);
  6. Impatti diretti e indiretti su usi minori;
  7. Verifica dell’efficacia dei mezzi alternativi nel tempo individuati.

Se la valutazione non viene interrotta in una di queste sette fasi preliminari, allora si può effettuare la comparazione delle caratteristiche indesiderate ed alla selezione dei prodotti da sostituire.
 

Criticità della valutazione comparativa

Gli interventi conclusivi degli esperti valutatori (dottoressa Giovanna Azimonti per l’ambiente, professoressa Marina Marinovich per la tossicologia umana e dottoressa Angela Santilio per i residui sulle derrate alimentari) hanno tra l’altro sviscerato gli aspetti che dovranno essere considerati in una comparazione degli effetti indesiderati dei prodotti, evidenziando criticità di livello procedurale e concettuale. In particolare: i prodotti attualmente autorizzati in Italia sono stati valutati con criteri diversi: i prodotti più recenti rispettano già le ultime linee guida, quelli più “vecchiotti” probabilmente no. Li rivalutiamo tutti? E ancora: diamo priorità all’ambiente o alla tossicologia e nell’ambito dell’ambiente proteggiamo di più le api o le acque?
 

Il punto di vista dell’industria

Hanno completato il convegno gli interventi dell’industria (dottoressa Maria Grazia Camisa per Agrofarma e Vittorio Veronelli per Ibma Italia), che hanno evidenziato le ulteriori criticità di questa novità che pochi addetti ai lavori hanno apprezzato.
 

Approfondimenti per studiosi, addetti ai lavori o semplicemente curiosi

  1. Approccio nazionale alla valutazione comparativa workshop 5 aprile 2017 Piacenza