“Il bando ministeriale per la qualifica di restauratore è la chiusura di un ciclo durato 21 anni. Speriamo che finalmente porti al riordino di un mercato rimasto per troppo tempo a dir poco aleatorio, che dovrebbe essere, invece, di primaria importanza per il nostro Paese”. A parlare è Gian Oberto Gallieri, restauratore, iscritto alla CNA dal 1972 e soprattutto ex Presidente Nazionale dell’Unione Artistico Tradizionale. Un percorso che gli ha permesso di seguire in prima persona e nei tavoli istituzionali tutta l’Odissea dei restauratori, che pare – si augura – aver trovato una conclusione.

Per capire l’importanza del bando pubblicato in questi giorni dal Ministero dei Beni, delle Attività Culturali e del Turismo, bisogna fare un passo indietro. Anzi ventun anni di passi indietro.

“Il nostro impegno – spiega Gallieri – possiamo dire sia iniziato concretamente nel lontano 1994: riunioni, interpellanze, tutto affinché la politica si occupasse di noi. Nel 2000-1 vennero emanati due decreti ministeriali in cui si cominciò a identificare la figura professionale del restauratore da un punto di vista economico, imprenditoriale e di mansioni, ma di fatto l’impegno assunto allora non si concretizzò in nulla. Il passo successivo fu l’articolo 182 del Codice dei Beni Culturali, del 2004, cioè la norma transitoria in cui si specificava tutta la casistica e il percorso necessario per l’acquisizione della qualifica di restauratore. Sempre nel Codice dei Beni Culturali, l’articolo 29, prefigurava un iter normativo che portava al completamento della formazione professionale dei restauratori”.

Nel 2006 due decreti Interministeriali, nel frattempo, stabilivano i profili di competenza dei restauratori ed i criteri, i livelli di qualità, vale a dire il percorso didattico obbligatorio dei soggetti accreditati ad impartire l’insegnamento, da lì in avanti: laurea magistrale o diploma di secondo livello presso un’Accademia o  istituti privati accreditati.

Nel 2013 con la legge 7 di riforma dell’art. 182 del Codice si precisò ulteriormente il percorso di qualifica attraverso dei punteggi assegnati alle esperienze didattiche e professionali.

“Fino ad oggi, infatti, era tutto molto aleatorio – spiega Gallieri – i percorsi formativi per diventare restauratore erano infiniti: dai corsi di formazione professionale triennali ai corsi negli istituti centrali, fino alla sola esperienza maturata sul campo, con minimo 8 anni di lavori certificati. Come CNA siamo stati presenti in tutte le situazioni, da quelle di protesta alle richieste e tavoli ministeriali, dando un forte contributo alla legge 7. Il bando – conclude Gallieri – dovrebbe così completare e uniformare tutta la legislazione di questi 21 anni. E questo difficile traguardo è stato raggiunto anche per merito del lavoro e della presenza costante della CNA”.