Nel 2017 il PIL italiano è aumentato dell’1,5%. Si tratta del quarto incremento consecutivo che ha interessato, per la prima volta dal 2007, tutti i settori.

La crescita dello scorso anno è stata trainata dalle esportazioni, aumentate del 5,4% rispetto al 2016, e dagli investimenti cresciuti a un ritmo (+3,7%) che è il più alto degli ultimi undici anni.

Le previsioni di crescita per il 2018 e gli anni a seguire sono favorevoli ma la ripresa continua a presentare ancora diverse zone d’ombra.

 

L’Italia è infatti l’unica grande economia il cui PIL non ha ancora recuperato i livelli pre-crisi. Gli investimenti, benché abbiano ritrovato slancio dalle misure di sostegno, sono il 20% in meno rispetto al 2007 e il valore aggiunto delle costruzioni è inferiore del 32%. Inoltre, nonostante il dinamismo delle esportazioni, anche per la manifattura il recupero dei livelli di produzione pre-crisi appare lontano nel tempo.

 

Come in passato, lo sviluppo della nostra economia continua a essere frenato dall’andamento lento dei consumi. Questi, che rappresentano il 60,5% del PIL, dal 2001 a oggi non hanno infatti mai registrato tassi di crescita superiori ai due punti percentuali.

Non mancano però le note positive. Oltre all’accelerazione del PIL di cui si è detto, negli ultimi anni la finanza pubblica ha conseguito importanti miglioramenti. Il rapporto deficit/PIL è diminuito per il quarto anno consecutivo attestandosi a un valore (1,9%) che è il più basso dal 2007 anche la pressione fiscale è scesa (per il quarto anno consecutivo).

Il ritorno alla crescita e il consolidamento delle finanze pubbliche, pur in presenza di un  debito ancora molto elevato, devono essere l’occasione per rafforzare il nostro sistema imprenditoriale, già messo a dura prova dalla globalizzazione che ha prodotto l’espulsione dalle catene del valore globale di quei profili professionali e di quelle competenze tipiche delle micro e piccole imprese.

C’è bisogno di una politica economica che restituisca produttività al sistema economico italiano intervenendo su burocrazia e efficienza della amministrazione pubblica, fisco e credito. Il rischio di una azione politica inerte, o troppo lenta, non è solo quello di perdere il patrimonio di conoscenze, creatività, di qualità e di eccellenza di cui oggi le micro e piccole imprese sono portatrici, ma in più generale è di impoverire l’intera economia italiana di cui esse rappresentano la parte maggiore sia in termini di creazione di ricchezza che di occupazione.

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