Aumenta il lavoro dipendente (+1,9%, 323mila posti di lavoro in più) e diminuiscono per il sesto anno consecutivo gli autonomi, per lo più collaboratori (-0,5%, 30mila lavoratori in meno). Sono i dati contenuti nella ricerca sui flussi migratori degli italiani all’estero condotta dal Centro Studi Cna.

Nonostante l’aumento complessivo del mercato del lavoro (+1,3%, 293mila posti di lavoro in più), si legge nella ricerca, tanti italiani continuano a guardare all’estero: secondo l’Istat, nel 2016, 115mila hanno scelto questa strada. Un record: 12mila in più del 2015.

Anche il numero di italiani che tornano in Italia dall’estero è aumentato (circa +5mila), ma è solo un quarto (35mila circa) rispetto agli espatri.

Nel 2016, 115mila italiani sono andati all’estero: quasi 75mila in più rispetto al 2008. Pochi i rimpatri: tra il 2008 e il 2016 sono aumentati di appena 3mila unità.

Non si va all’estero solo per motivi di studio, ma anche alla ricerca di opportunità di lavoro più remunerative rispetto a quelle offerte in Italia. Il numero di emigranti italiani tra i 40 e i 49 anni è aumentato del 84,6%, ben più di chi ha tra i 15 e i 29 anni (+64,0%) 15-29 anni e di chi ha tra i 30 e i 39 anni (+50,2%). 

Le mete preferite? In Europa sono quattro: Regno Unito, Germania, Svizzera e Francia. Fuori dall’Europa, sul podio delle preferenze degli italiani Stati Uniti (5,1%), il Brasile (4,2%) e l’Australia (2,0%).

Molto interessante è anche il dato relativo al grado di istruzione degli emigrati italiani. Considerando gli emigrati con almeno 25 anni di età, emerge infatti che il 30,8% di essi ha conseguito la laurea. Si tratta di un dato molto alto (tra gli italiani over 25 residenti in Italia solamente il 14,8% dispone di una laurea) che conferma che il fenomeno migratorio riflette almeno in parte quello della “fuga di cervelli”.