Il caso atteneva ad una gara per l’affidamento del Servizio di conduzione e manutenzione degli impianti elettrici relativi ad un complesso ospedaliero, ma la pronuncia contiene elementi di valenza generale di un certo interesse.

Dopo le operazioni di verifica dell’offerta risultata migliore la ricorrente veniva esclusa dalla gara in base al parere di non congruità espresso dal RUP e condiviso dal direttore dell’Ispettorato del Lavoro che si basava «sulle seguenti considerazioni:

     a) mancato rispetto degli obblighi in materia sociale e del lavoro previsti dal C.C.N.L. di riferimento (ritenuto essere il C.C.N.L. dei Metalmeccanici);

     b) non congruità degli oneri aziendali della sicurezza di cui all’art. 95, co. 9 del D.lgs. n. 50/2016;

     c) costo del personale inferiore ai minimi salariali retributivi indicati dal C.C.N.L., previsti dall’art. 23, co. 16 del D.lgs. n. 50/2018. »

Sostanzialmente, quindi, il motivo principale di esclusione dalla gara della ricorrente era da ricondursi al fatto che l’impresa che aveva presentato l’offerta migliore «applica il “C.C.N.L. per le imprese esercenti servizi integrati/multiservizi”, pur garantendo “la qualifica del personale richiesto”» mentre  «per le prestazioni richieste dal capitolato, espressamente connesse alla manutenzione degli impianti elettrici, deve essere ritenuto applicabile il contratto maggiormente rappresentativo, quindi il C.C.N.L. del settore metalmeccanico (Federmeccanica, Cisl, Uil del 2013). ».

Però il Tribunale afferma che « Non sfugge di certo al Collegio che il giudizio sull’anomalia sia un giudizio ampiamente discrezionale, espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile dal giudice amministrativo soltanto in caso di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza.

Ma è proprio sotto questo aspetto che il giudizio di non congruità espresso dal RUP, e fatto proprio dalla stazione appaltante, si appalesa viziato.

L’art. 36 della legge 20.5.1970, n. 300 “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”, stabilisce che “… nei capitolati di appalto attinenti all’esecuzione di opere pubbliche, deve essere inserita la clausola esplicita determinante l’obbligo per il beneficiario o appaltatore di applicare o di far applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria e della zona”, e l’art. 30, comma 4 del D.lgs. 18.4.2016, n. 50 prevede che “Al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente”.

La normativa vigente consente, pertanto, che possa essere applicata più di una tipologia di C.C.N.L. esistente, a condizione che il tipo di contratto scelto sia connesso e compatibile con l’effettiva attività da espletare.

Sulla questione la giurisprudenza ha già avuto modo di affermare che:

– è rimessa alla stazione appaltante la scelta dei requisiti da richiedere e tra questi non può esservi l’applicazione di un determinato contratto collettivo nazionale di lavoro, qualora una o più tipologie di questi si possano adattare alle prestazioni da affidare all’aggiudicatario (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 5597/2015);

– l’applicazione di un determinato contratto collettivo non può essere imposta dalla lex specialis alle imprese concorrenti quale requisito di partecipazione né la mancata applicazione di questo può essere a priori sanzionata dalla stazione appaltante con l’esclusione, sicché deve negarsi in radice che l’applicazione di un determinato contratto collettivo anziché di un altro possa determinare, in sé, l’inammissibilità dell’offerta (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 5597/2015);

– la scelta del contratto collettivo da applicare rientra nelle prerogative di organizzazione dell’imprenditore e nella libertà negoziale delle parti, col solo limite che esso risulti coerente con l’oggetto dell’appalto (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 1.3.2017, n. 932 e 12.5.2016, n. 1901; Sez. III, 10.2.2016, n. 589);

– l’imposizione univoca di un determinato contratto di lavoro costituisce una violazione del principio di libera iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost. e del derivato principio di libera contrattazione delle condizioni di lavoro previsto nel nostro ordinamento (cfr. TAR Toscana, Sez. I, 11.7.2013, n. 1160; TAR Parma, 1.2.2017, n. 33).

Invero, per completezza, va detto che è stato anche affermato che l’indicazione dell’applicazione di uno specifico contratto può eventualmente essere indicata nella legge di gara e ciò anche a pena di esclusione, ma certo è che tale clausola deve rispondere ad una ferrea logica di correlazione tra requisiti da indicare e prestazioni da appaltare, perché in caso contrario il principio del favor partecipationis ne risulterebbe gravemente sminuito ed in conclusione la legge di gara sarebbe stata emanata in assoluta violazione del principio di concorrenza (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 5.10.2016, n. 4109). 

La previsione dell’applicazione del C.C.N.L. per le imprese esercenti servizi integrati / multiservizi contenuta nell’offerta della ricorrente non può, di per sé, sortire dunque l’effetto dell’esclusione dalla gara, né appare sufficiente, per giustificare la disposta esclusione, uno scostamento retributivo rispetto al C.C.N.L. dei Metalmeccanici, assunto dalla stazione appaltante quale parametro di riferimento in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta. Occorre, piuttosto, verificare se, avuto riguardo alle prestazioni in concreto richieste per lo svolgimento del servizio in appalto, possa o meno applicarsi il C.C.N.L. per le imprese esercenti Servizi integrati / Multiservizi.

Come premesso nel vigente C.C.N.L. per le imprese esercenti Servizi integrati / Multiservizi, “il mercato dei servizi di pulizia e dei servizi integrati in ambito pubblico e privato si va evolvendo nella prospettiva di attività caratterizzate dalla co – presenza di professionalità eterogenee e diversificate”, sicché “le attività svolte per la committenza pubblica e privata, così come delineate nei commi successivi, possono essere gestite nell’ambito di imprese tradizionali di pulizia e/o imprese di Servizi integrati / Multiservizi / Global service con l’utilizzo del presente C.C.N.L.”, atteso che “il progressivo ampliamento dei contratti di global service, basati sui risultati e comprendenti anche attività di progettazione e di governo della produzione dei vari servizi, di facility management e di servizi integrati o multiservizi giunge infatti a coprire una pluralità di attività di servizio”.

Coerentemente con tali premesse, il C.C.N.L. in argomento specifica che “nella sfera di applicazione del presente contratto sono ricomprese, a titolo esemplificativo e non esaustivo, le seguenti attività: … – servizi di conduzione e gestione impianti (termici, climatizzazione, elettrici, idraulici, etc.) …”.»

Inoltre « Per quanto attiene, infine, al costo del personale, che la stazione appaltante deduce essere inferiore ai minimi salariali retributivi indicati, va osservato che il citato art. 23, co 16, d.lgs. 50/2016 prevede che “Per i contratti relativi a lavori, servizi e forniture, il costo del lavoro è determinato annualmente, in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali …”.

Dalle suddette tabelle ministeriali non è tuttavia possibile ottenere il livello salariale minimo di cui all’art. 97, co. 5, lett. d), poiché dalle stesse è possibile ricavare esclusivamente il differente dato del “costo medio orario del lavoro”.

Come affermato dalla giurisprudenza, “in tema di valutazione della anomalia dell’offerta anche nella vigenza del nuovo Codice dei contratti pubblici vige il principio secondo cui i costi medi della manodopera, indicati nelle tabelle ministeriali, non assumono valore di parametro assoluto ed inderogabile, ma svolgono una funzione indicativa, suscettibile di scostamento in relazione a valutazioni statistiche ed analisi aziendali evidenzianti una particolare organizzazione in grado di giustificare la sostenibilità di costi inferiori; esprimendo solo una funzione di parametro di riferimento è allora possibile discostarsi da tali costi, in sede di giustificazioni dell’anomalia, sulla scorta di una dimostrazione puntuale e rigorosa” (cfr. Tar Lazio, Sez. I ter, 30.12.2016, n. 12873). »